QUID EST VERITAS? Testo di Leo Lestingi Ispirato da Massimo Cacciari Personaggio: Pilato Produzione Associazione Culturale Almanacco 2019 |
Le figure storiche del governatore romano Ponzio Pilato e del fariseo Nicodemo, membro autorevole del Sinedrio, sono state più volte al centro delle narrazioni evangeliche e del dibattito, che arriva fino ai nostri giorni, sulla loro responsabilità circa la condanna a morte di Gesù e sulla loro diversa e comunque tormentata valutazione del mistero del Figlio e del suo significato.
Esse hanno ispirato spesso la letteratura, l’arte, il teatro e la riflessione filosofica, oltre a costituire personaggi centrali e importanti della tradizione biblica ed extrabiblica (esiste, ad esempio, un Vangelo, apocrifo, di Nicodemo). Avvalendosi di quella tradizione e di quelle fonti, e, in particolare, di alcune pregevoli pagine filosofiche di Massimo Cacciari, in Quid est veritas?Leo Lestingi ha elaborato una drammaturgia incentrata su un immaginario dialogo fra Pilato e Nicodemo che si svolge, di notte, in casa del governatore romano, che riceve di nascosto l’ebreo Nicodemo per sapere di più intorno alla figura controversa di Gesù e discuterne la pretesa e la sfida, alla vigilia della sua crocifissione.
Il dialogo, fra sorpresa, fascinazione, silenzi, interrogativi e schermaglie non solo verbali, preceduto da una breve conversazione fra Pilato e la moglie Claudia Serena Procula, la quale, come riporta la tradizione, appare convinta che il marito e il Sinedrio stiano mandando a morte un uomo giusto (forse egli è veramente Figlio di Dio, così come le è apparso durante un sogno che l’ha profondamente turbata), si sviluppa, nello spettacolo, mettendo a nudo la fragilità e, insieme, la volontà di “resistere” dei due a quella nuda e indifesa offerta di verità, portatori come sono di due diverse visioni del mondo, quella pagana e quella ebraica. Pilato discute dell’umana impossibilità di una catarsi diversa da quella tragica, pur riconoscendo, alla fine, di restare “prigioniero” del silenzio di Gesù, mentre Nicodemo sembra affermare l’assoluta disperazione di fronte a quell’impossibile “rinascere dall’alto” suggeritogli dallo stesso Gesù. E i loro atteggiamenti di incredulità simboleggiano, anche, la difficoltà di ciascuno di noi, sempre risorgente nella storia, a prendere posizione di fronte a quel segno di contraddizione rappresentato dal Figlio, figura “debole” del divino, dallo stesso “scandalo” della croce e dal paradosso della promessa della resurrezione.
In questo singolare “faccia a faccia”, pur risolto all’interno di una cornice scenica semplice e sobria, due attori come De Venuto e Lestingi, uniti da un senso “alto” e solidale della propria vocazione teatrale, si confrontano e affrontano con “incosciente” coraggio un tema difficile, mettendo a servizio di un dialogo e di un linguaggio inusuali e infrequenti nella scena teatrale contemporanea la propria riconosciuta sensibilità artistica. Ne emerge un quadro mosso e appassionato, arricchito dalla presenza di Simone Bracci e Antonella Ranieri, che si risolve in una suggestiva proposta drammatica, e sembra rammentare al pubblico l’antica e mai spenta vocazione del teatro a dibattere le autentiche domande dell’uomo.
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